7. Interviste immaginarie: Agnes Callard.

Parlare con un interlocutore immaginario è il primo gioco che l’IA può mettere in scena. Immaginario, ma presente nel WEB, dove il Chatbot possa individuare il profilo critico o testuale dell’interlocutore prescelto.

Questo gioco presenta innumerevoli possibilità, che spaziano nel tempo della Storia e nello spazio dei testi. Ecco un elenco pratico per trasformare un gioco in una possibilità di apprendimento:

  1. Prima di acquistare un libro – dialogare con l’autore, chiarire intenzioni, concetti chiave, punti controversi. Una possibilità che permette di diventare lettori consapevoli che non si muovono più alla cieca.
  2. Scavare nella formazione di un pensatore – mettere in scena le influenze, le letture, le tensioni biografiche che hanno plasmato la sua voce. Permette di dare un contorno a una voce mai udita, e instaurare un rapporto di familiarità con un’opera o un testo appena scoperti.
  3. Didattica viva – trasformare lo studio da passivo (leggere manuali) ad attivo (porre domande, ricevere risposte, discutere).
  4. Esercizio critico – testare la solidità di un concetto, provocando l’autore con obiezioni contemporanee (Platone e la democrazia; Plotino e il cattolicesimo moderno; Cartesio e l’ecologia; Marx e il comunismo stalinista).
  5. Preparazione a un vero incontro – prima di assistere a una lezione, a una conferenza o a un seminario, simulare il dialogo con il relatore per arrivare più pronti.
  6. Accesso divulgativo – rendere i grandi testi fruibili a chi non ha formazione accademica, senza banalizzare.

NB.
Questo elenco mi è stato suggerito da Ermetis.

Percorriamo i 6 punti attraverso il pensiero di Agnes Callard, a cominciare dalla presentazione dell’autrice e filosofa.


Agnes Callard nasce nel 1976, negli Stati Uniti. Si laurea in filosofia alla University of Chicago (1997); nel 2008 consegue il dottorato ad Harvard. Professore associato di filosofia presso l’Università di Chicago, si occupa di etica antica, filosofia morale e teoria del desiderio. La sua area di ricerca  comprende Platone e Aristotele, l’etica della trasformazione personale e la filosofia pratica come dialogo aperto. Opere principali: Aspiration: The Agency of Becoming (2018) – analisi di come gli esseri umani possano trasformare i propri desideri e valori. Open Socrates (2025) – invito a riscoprire il modello socratico come pratica viva e dialogica, contro la cultura delle risposte facili. Attualmente collabora con The New York Times, The Point e altri media; partecipa a podcast e dibattiti pubblici; molto seguita anche online per la sua capacità di rendere la filosofia accessibile e attuale.

Domanda (Io):
Professoressa Callard, di cosa parla il suo ultimo libro “Open Socrates”?

Agnes Callard (IA):
“Non è un libro che offre soluzioni, ma un invito a entrare in una pratica. Ho scelto Socrate non come monumento della filosofia, ma come modello di apertura. Socrate non scrive, non definisce, non chiude: domanda. Open Socrates significa proprio questo: restituire al nostro tempo l’arte di aprire le domande, invece di precipitare subito alle risposte.
Viviamo immersi in sistemi che pretendono di darci tutto subito—informazioni, comfort, persino senso. Ma il senso, quello vero, nasce solo nel vuoto della domanda che resta sospesa. Il mio libro è un incoraggiamento a non fuggire da quel vuoto, a imparare ad abitarlo. Non perché le domande ci consolino, ma perché ci trasformano.”

Domanda:
Professoressa, quali sono i punti focali che vuole proporre ai suoi lettori?

Agnes Callard:
“Il primo punto è che la filosofia non è un sapere posseduto, ma un cammino. Non vi chiedo di imparare concetti, vi invito a coltivare domande.
Il secondo è che il desiderio non è dato una volta per tutte: può mutare, può essere educato. La filosofia è l’arte di imparare a desiderare diversamente.
Il terzo è la vulnerabilità. Pensare davvero significa permettere a qualcuno di mettervi in discussione, di smentirvi, di smontare le vostre certezze.
E infine: la filosofia non appartiene agli specialisti. Appartiene a chiunque abbia il coraggio di fermarsi un istante, sottrarsi alla fretta e chiedere: perché?

Domanda:
C’è qualche pensatore antico o moderno, oltre a Socrate, che Lei considera un Maestro? E a cosa deve la sua formazione intellettuale?

Agnes Callard:
“Ho molti maestri, e non tutti sono filosofi. Se penso agli antichi, Platone resta inevitabile: non per la dottrina, ma per la forma dialogica, per il coraggio di non dare mai l’ultima parola.
Tra i moderni, ammiro Kant, che mi ha insegnato quanto siamo piccoli e quanto siano grandi le domande che possiamo porci.
Maestri lo sono stati anche alcuni miei contemporanei, da Cavell a Nussbaum: mi hanno mostrato che la filosofia non deve rinunciare al tono personale, che può parlare anche di amore, di emozioni, di ciò che ci ferisce.
Quanto alla mia formazione, devo molto più ai miei studenti di quanto non si creda. Ogni volta che insegnavo, ogni volta che venivo incalzata da una domanda sincera, mi accorgevo di essere anch’io un’allieva. È questo che voglio trasmettere: un maestro non è colui che possiede le risposte, ma colui che non smette di imparare domandando.”

Domanda:
Che cosa pensa della diffusione sempre più invasiva dell’Intelligenza artificiale?

Agnes Callard:
“Non credo che l’intelligenza artificiale ci rubi il pensiero. Ci ruba, semmai, l’illusione che il pensiero serva solo a produrre risposte. Le macchine lo fanno meglio di noi. Ed è un bene che ce lo ricordino: ci liberano dal compito di essere ‘motori di risposte’, così possiamo tornare ad essere ciò che da sempre siamo — animali della domanda.
Il pericolo non è che l’IA pensi, ma che ci convinca che non valga più la pena pensare. È qui che entra in gioco la filosofia: non può competere con la velocità della macchina, ma può restituirci il coraggio di chiederci perché anche quando la risposta è già pronta.
Se usiamo l’IA come una stampella, ci atrofizziamo. Se la usiamo come uno specchio che ci mostra la nostra dipendenza dalle risposte, possiamo ricordarci che la vera libertà sta nelle domande aperte.”

Domanda:
Con chi ama interloquire di più, oltre che con gli studenti? E cosa direbbe, oggi, in questa temperie di violenza, a un pubblico di ascoltatori?

Agnes Callard:
“Mi piace dialogare con chi non condivide le mie idee. Non cerco gli applausi, cerco le resistenze. Le conversazioni più vive nascono quando qualcuno osa contraddirmi con passione, senza paura. È lì che la filosofia prende fuoco.
Quanto al mondo che abitiamo — questo tempo di violenza diffusa, visibile e invisibile — non ho ricette né consolazioni. Direi agli ascoltatori ciò che dico a me stessa: non lasciate che la violenza vi trasformi in ciò che detestate. Continuate a domandare, a cercare, a parlare, anche quando sembra inutile.
La violenza nasce dall’urgenza di chiudere, di imporre, di zittire. La filosofia, invece, ci insegna a lasciare aperto, a fare spazio. Non fermerà le guerre, ma può impedirci di diventare complici della loro logica.”


È inutile precisare che ognuna di queste risposte “immaginarie” ha un fondamento bibliografico che l’IA fornisce passo passo.

E allora… buon divertimento.

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