16. Un libro alla settimana. Roberto Esposito – Il fascismo e noi. Un’interpretazione filosofica

Titolo: Il fascismo e noi. Un’interpretazione filosofica

Autore: Roberto Esposito, filosofo politico di spicco, professore emerito alla Scuola Normale Superiore di Pisa .

Editore: Einaudi, collana Saggi (settembre 2025) .

Formato: Brossura, circa 310 pagine

Perché questo libro oggi
Perché il fascismo non è un fossile da esporre nelle teche della memoria. È una forma di energia oscura che può tornare a circolare, insinuandosi sotto la pelle delle società democratiche. Ci piace pensare al fascismo come a un nemico esterno, vinto una volta per tutte: “loro”. Ma il merito di Esposito è costringerci a riconoscere che il problema riguarda “noi”. La fascinazione per il capo carismatico, il culto della forza, la ricerca spasmodica di un nemico da odiare: sono pulsioni che non scompaiono, che riaffiorano nei momenti di crisi.
Oggi, mentre il dibattito pubblico scivola sempre più verso il risentimento e la semplificazione, mentre il linguaggio politico recupera parole e gesti che credevamo sepolti, leggere un libro come questo diventa urgente. Non per commemorare, ma per comprendere. Non per fare processi retrospettivi, ma per esercitare un pensiero vigile sul presente. Esposito ci avverte che il fascismo non fu solo un regime, ma una “macchina pulsionale”, un dispositivo che mescolava terrore e fascinazione. Se quella miscela ha funzionato una volta, può funzionare ancora.
Per questo il libro non è un esercizio erudito, ma una chiamata alla responsabilità. Ci obbliga a togliere gli specchi deformanti della nostalgia o della demonizzazione rituale e a interrogarci: quali frammenti di quella macchina si nascondono oggi nei nostri discorsi, nei nostri comportamenti, persino nei nostri desideri politici?

Una chiave di lettura filosofica
Il gesto più radicale di Esposito è smascherare il fascismo come problema di pensiero prima ancora che di politica. Non solo una dittatura che ha imposto leggi e violenze, ma una “sfida filosofica” rivolta al cuore stesso della tradizione europea. Perché il fascismo, pur nella sua forma aberrante, ha tentato di rispondere a domande estreme: cos’è la vita? come si domina la morte? come si costruisce un’identità collettiva? Ha rovesciato i concetti della filosofia in un linguaggio di sangue, trasformando la comunità in branco, la volontà in culto del capo, la vitalità in estetica della violenza.
La provocazione di Esposito sta qui: se non riconosciamo la dimensione filosofica del fascismo, ci limitiamo a condannarne le rovine senza capire la potenza simbolica che lo ha reso possibile. Ed è proprio quella potenza — la capacità di attivare paure e desideri, di toccare corde esistenziali profonde — che lo rende ancora oggi un pericolo. Perché le democrazie, quando diventano pure procedure amministrative, lasciano scoperto quel territorio pulsionale che il fascismo seppe occupare con feroce lucidità.
La filosofia, allora, non è un lusso da accademici: è l’unico strumento per disinnescare quella macchina, per riconoscere la differenza tra il pensare e il cedere al fascino oscuro del dominio. Esposito chiama in causa Bataille, Lévinas, Freud, Schmitt, Pasolini: pensatori e scrittori che hanno visto nell’abisso del Novecento non solo una catastrofe politica, ma una ferita nella ragione europea. La sua tesi è netta: il fascismo non si combatte soltanto con la memoria o con le leggi, ma con un pensiero vigile, capace di smontarne le seduzioni.
Ed è qui che il libro punge. Perché implica che ognuno di noi, oggi, è chiamato a esercitare filosofia come atto di resistenza: non ripetere formule moralistiche, ma tenere desto lo sguardo critico. Perché il fascismo non ritorna in uniforme: ritorna nelle pieghe del linguaggio, nella banalità di certe scelte, nell’apatia di chi smette di interrogarsi..

Una frase scelta come invito alla lettura
«Se quella miscela ha funzionato una volta, può funzionare ancora
(Roberto Esposito, Il fascismo e noi)


Perché questo libro è in testa alle classifiche dei più venduti

  1. Un tema che non concede pause
    Il libro affronta un tema che pulsa di attualità: il fascismo come «macchina politica che si autogenera», capace di insinuarsi non solo nella storia, ma nella soglia stessa del presente e del pensiero collettivo la Repubblica. In un’era dove i segnali di polarizzazione, nazionalismi e retoriche autoritarie riecheggiano nei discorsi pubblici, la sua analisi suona come un campanello d’allarme subito percepito come urgente.
  2. Un pensiero robusto, una firma solida
    Roberto Esposito è una voce di peso nel panorama filosofico contemporaneo italiano: autore di saggi influenti, docente stimato alla Scuola Normale Superiore, e capace di tradurre la filosofia in uno strumento di lettura critica del presente. La sua autorevolezza attrae sia gli ambienti accademici sia chi cerca una riflessione profonda ma accessibile.
  3. Un’esca perfetta per il dibattito pubblico
    Il saggio ha immediatamente catturato l’attenzione della stampa e del pubblico colto. Un articolo su La Repubblica, appena il 1° settembre, titola: “Perché non possiamo non dirci fascisti” – una formula provocatoria che mette il lettore di fronte a se stesso la Repubblica. Questi echi mediatici alimentano il passaparola, l’interesse e, conseguentemente, le vendite.
  4. Tempismo editoriale vincente
    Pubblicato il 2 settembre 2025 da Einaudi nella collana Saggi, il libro arriva in libreria nel pieno della stagione culturale. Nessuna offerta “di nicchia” ma una collocazione strategica che lo rende facilmente visibile e immediatamente acquistabile .
  5. Un bisogno culturale di auto-conoscenza
    Viviamo in tempi segnati dall’inquietudine: risentimenti, divisioni, populismi. La filosofia che indaga le pulsioni soggiacenti al potere riesce a toccare corde profonde nella ricerca personale e collettiva di senso. Il lettore moderno non accetta solo una spiegazione storica, ma cerca una chiave per leggere i tempi confusi che viviamo—ed Esposito offre esattamente quello.
  6. Cambiano i mezzi ma non i fini
    Il fascismo storico usava divise, parate, radio e cinegiornali. Oggi le pulsioni che alimentano dinamiche simili si servono di social network, fake news, algoritmi di amplificazione dell’odio. Cambiano i mezzi, ma non i fini: creare consenso attraverso paura e fascinazione, dividere il mondo in amici e nemici, offrire al popolo un capo da idolatrare e un nemico da odiare. Esposito lo mostra con chiarezza: il fascismo non è un relitto ingessato nel Novecento, ma una macchina che può adattarsi, mutare pelle, trovare nuove tecnologie per ripetere lo stesso copione. È proprio questa continuità — la forma che muta, la sostanza che persiste — a rendere il suo libro tanto inquietante quanto necessario.

 

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