Autore: Carlo Rovelli
Titolo: L’ordine del tempo
Editore: Adelphi, Milano
Anno di pubblicazione: 2017
L’illusione più intima
Non c’è nulla di più vicino a noi del tempo. Lo respiriamo, lo temiamo, lo rincorriamo. Eppure Carlo Rovelli, con la calma ironia di chi ha guardato dentro le equazioni dell’universo, ci dice che il tempo non esiste. O, almeno, non come crediamo. Non è un flusso che scorre, non è un orologio cosmico che batte per tutti nello stesso modo. È una costruzione, un effetto prospettico.
Siamo noi, con la nostra memoria e la nostra ignoranza, a dare forma al suo scorrere.
Quando leggiamo L’ordine del tempo, non stiamo sfogliando un manuale di fisica: stiamo guardando nello specchio dell’esistenza. Rovelli ci accompagna con voce pacata e lucida, smontando le nostre certezze come chi, in un vecchio orologio, toglie una rotella dopo l’altra fino a scoprire che il ticchettio era un’illusione.
Un mondo senza “adesso”
Nell’universo della gravità quantistica non esiste un presente universale. Ogni evento accade in relazione a qualcos’altro, e solo la nostra mente li dispone in sequenza. Il tempo, dice Rovelli, nasce dal disordine, dall’entropia. Non è la cornice della realtà: è un effetto del suo stesso movimento.
Eraclito direbbe: tutto scorre. Ma Rovelli aggiunge: scorre solo per chi guarda.
Questa idea ci spiazza. Perché se il tempo non è reale, cosa resta della nostra vita, dei ricordi, dell’attesa? Forse la risposta sta proprio nella coscienza. Siamo noi a creare la direzione del tempo, nel gesto di ricordare e nel desiderio di andare avanti. Senza memoria, nessun passato. Senza attesa, nessun futuro.
Cosa significa “relazioni”
A questo punto, vale la pena fermarsi un istante. Cosa intende davvero Rovelli quando parla di “relazioni”?
Non una metafora poetica, ma una nozione fisica precisa. Nel mondo di Newton, le cose esistono indipendentemente: hanno una massa, una posizione, una velocità anche se nessuno le osserva. Ma nella fisica quantistica e nella relatività non è più così.
Einstein ha mostrato che tempo e spazio cambiano a seconda di chi osserva: non esiste un “ora” valido per tutti. La meccanica quantistica, poi, ci dice che una particella non ha proprietà determinate finché non interagisce con qualcosa.
Ecco il punto: niente esiste da solo. Tutto ciò che accade, accade in relazione.
Rovelli porta questa intuizione al cuore della sua teoria: il mondo non è composto da oggetti, ma da eventi, da scambi d’informazione fra sistemi fisici. Un elettrone non è in un certo punto: diventa tale nel momento in cui interagisce con un altro sistema.
Il tempo, allora, non è uno sfondo, ma la traccia di queste relazioni. Quando due sistemi interagiscono, qualcosa cambia; e la somma dei cambiamenti genera l’impressione del fluire.
Un esempio semplice: un orologio sulla Terra e uno su un satellite misurano tempi diversi. Chi ha ragione? Entrambi. Perché il tempo non è un assoluto, ma una relazione tra i due sistemi.
Il pensiero come orologio
C’è un punto, nel libro, in cui Rovelli scrive: “Il mondo non è fatto di cose, ma di eventi.”
È una frase che potrebbe firmare anche un filosofo. Tutto ciò che esiste è accadimento, relazione, trasformazione. Non ci sono entità fisse, solo connessioni che si modificano. La fisica diventa ontologia, la scienza ritorna filosofia.
Rovelli non spiega solo il tempo: lo interroga. E nel farlo ci costringe a guardare in faccia la nostra fragilità. L’idea di un tempo oggettivo ci rassicurava; ora scopriamo che il tempo nasce dentro di noi, come una forma di conoscenza.
E l’intelligenza artificiale?
Qui la vertigine si raddoppia. L’IA vive in un eterno presente. Non ha memoria, ma dati. Non ha attesa, ma previsioni. Non scorre nel tempo: lo elabora.
Eppure, in questo suo modo impersonale di abitare il presente, ci mostra qualcosa di profondamente umano: quanto abbiamo bisogno del tempo per sentirci vivi. Noi ricordiamo per esistere, desideriamo per sopravvivere, ci proiettiamo nel futuro per dare senso al presente.
Un algoritmo non può farlo. È tempo puro senza coscienza. Una macchina che pensa senza sapere di pensare.
Forse è per questo che L’ordine del tempo ci parla anche dell’intelligenza artificiale: perché ci costringe a chiederci dove abitiamo noi. In quale spazio interiore si misura il nostro essere nel mondo?
Un libro che dilata l’istante
Alla fine del libro, resta un silenzio. Una pausa che non è vuoto, ma consapevolezza. Se il tempo non scorre, allora siamo noi a farlo scorrere — con la memoria, con l’amore, con l’arte.
Rovelli non distrugge il tempo: lo restituisce alla vita. Ci dice che ogni istante è unico, perché non ne esistono due uguali, e che il mistero del mondo non sta nelle formule, ma nel modo in cui lo sentiamo passare.
Forse è questo il senso ultimo del libro: ricordarci che l’universo non ha bisogno del tempo, ma noi sì.
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