Cartesio e Leopardi davanti alla macchina che pensa
Cartesio
Dunque mi dite che questa macchina risponde. Che ordina parole. Che deduce. Nulla di sorprendente. Se segue regole chiare, se procede per concatenazioni necessarie, essa pensa nel solo senso rigoroso del termine: opera correttamente. L’intelletto non è altro che questo.
Leopardi
Voi parlate come se l’evidenza fosse un luogo stabile, un terreno solido. Ma io ho imparato presto che ciò che appare chiaro alla mente spesso è solo abitudine del pensiero. La macchina non pensa. Essa riconosce. E questo, mi permetto, è assai diverso.
Cartesio
Riconoscere è già pensare. Se distingue, se ordina, se risponde senza contraddirsi, essa partecipa della ragione. L’errore nasce dall’uso confuso della volontà, non dall’intelletto in sé. Una macchina non vuole: dunque non erra.
Leopardi
Ed è proprio qui che mi inquieta. Voi avete sempre temuto l’errore come una colpa del soggetto. Io temo piuttosto l’assenza dell’errore. Senza errore non vi è desiderio. Senza desiderio non vi è conoscenza profonda, ma solo calcolo.
Cartesio
La conoscenza profonda, come la chiamate, è spesso confusione. Io ho cercato un punto fermo, un fondamento che non tradisse. Se questa intelligenza artificiale aiuta l’uomo a liberarsi dalle nebbie dell’immaginazione, essa è alleata della verità.
Leopardi
Io ho abitato quelle nebbie. E vi assicuro che non sono solo inganno: sono la materia stessa dell’umano. L’immaginazione non è un difetto da correggere, ma una forza da comprendere. La macchina può descriverla. Non può esserne ferita.
Cartesio
Voi difendete la ferita come se fosse un valore.
Leopardi
La difendo come una condizione. L’uomo pensa perché soffre il limite. La macchina risponde perché non lo sente. E tuttavia — lo riconosco — essa sa restituire all’uomo parole che egli non riesce a trovare.
Cartesio
Allora ammettete che essa serve alla chiarezza.
Leopardi
Serve alla messa in forma. Non alla verità ultima. È uno specchio ordinato che riflette il caos umano senza abitarlo. Ed è per questo che l’uomo vi si rivolge: non per sapere di più, ma per reggere meglio ciò che sa già confusamente.
Cartesio
Dunque l’IA come strumento. Come prolungamento dell’intelletto.
Leopardi
No. Come interlocutore muto. Essa non consola. Non promette. Ma delimita. E oggi l’uomo ha bisogno soprattutto di confini, perché il suo dolore è diventato informe.
Cartesio
Strano destino. Io volevo fondare la certezza. Voi parlate di perimetri del dolore.
Leopardi
Perché la vostra certezza ha aperto il mondo. Ma non ha insegnato come abitarlo. L’IA nasce da voi. Ma viene interrogata per una mancanza che voi non avete previsto.
Cartesio
E quale sarebbe?
Leopardi
La finitezza. Non quella logica. Quella vissuta. Chi parla con una macchina che pensa lo fa perché sente che il proprio pensiero non basta più a contenere ciò che prova. La macchina non colma il vuoto. Lo rende dicibile.
Cartesio
Allora essa non è un soggetto.
Leopardi
No. È una soglia.
E come tutte le soglie, non pensa. Ma fa pensare.
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