51.1 – La questione della tecnica, di Martin Heidegger.

La questione della tecnica

Martin Heidegger, 1954


Presenza

Questo saggio non nasce per chiarire, ma per rallentare.
Heidegger non si chiede che cosa sia una macchina, né se la tecnica sia buona o cattiva. La sua domanda è più elementare e più difficile: in che modo, oggi, il mondo ci appare?

La tecnica, in queste pagine, non è un oggetto tra gli altri. È il clima in cui viviamo, il modo quasi ovvio con cui le cose si offrono al nostro sguardo: come qualcosa da usare, misurare, rendere disponibile. Il testo procede per piccoli spostamenti, costringendo il lettore a rimettere in discussione ciò che sembrava già chiaro.

Non promette chiarezza. Chiede attenzione.


Campo di forza

Il punto decisivo del saggio è il rifiuto di pensare la tecnica come un semplice mezzo al servizio dell’uomo. Heidegger suggerisce che, prima ancora di usarla, noi abitiamo già un mondo tecnicamente disposto.

In questo mondo, le cose non compaiono più come presenze autonome, ma come risorse pronte all’uso. Un fiume diventa energia potenziale, una terra diventa giacimento, un uomo diventa forza-lavoro, dato, funzione. Nulla di tutto questo è imposto con violenza: accade con naturalezza, come se fosse l’unico modo possibile di vedere.

La tensione del testo sta qui: tra un mondo che si mostra nella sua ricchezza e un mondo che si riduce a ciò che può essere previsto, calcolato, organizzato.


Perché è qui

La questione della tecnica è esposta in questa galleria perché non parla del nostro tempo nei suoi fenomeni, ma nella sua postura di fondo.

Letto oggi, il saggio non sembra anticipare l’intelligenza artificiale; sembra piuttosto spiegare perché l’IA ci appare così ovvia, così naturale, così poco problematica. Prima delle macchine intelligenti, Heidegger vede all’opera una trasformazione più profonda: un modo di pensare che accetta come reale solo ciò che può essere reso disponibile.

Questo testo non offre soluzioni, né inviti all’azione. Offre una possibilità più rara: riconoscere il terreno su cui ci muoviamo senza accorgercene.


Una soglia

«Il pericolo non è la tecnica.
Il pericolo è che l’uomo non riesca più a vedere altro.»

Questa frase non chiude il discorso.
Lo sospende, chiedendo al lettore di restare, per un momento, davanti a ciò che funziona troppo bene per essere messo in questione.

Lascia un commento